Alberto Ferretti, Le vene del ferro, del 
							  rame, dell’argento e dell’oro. Antiche ricerche 
							  minerarie tra Marche ed Umbria (a cura di Ernesto 
							  Paleani) (Enciclopedia 
							  degli Appennini, 6), Cagli 2020. ISBN 
							  978-88-7658-203-5.
                              
                               
							  
								
								Dopo dieci anni ho voluto proporre una nuova 
								edizione ampliata ed aggiornata con una mia 
								presentazione sui manoscritti e le edizioni a 
								stampa che hanno dato la base letteraria al 
								prof. Alberto Ferretti, geologo e paleontologo, 
								in modo da lasciare una traccia scientifica sul 
								difficile compito della ricerca che ogni volta 
								deve intraprendere un autore.
Una delle prime 
								espressioni letterarie le ritroviamo in un testo 
								di Francesco Stabili di Simeone, conosciuto con 
								il nome di Cecco d'Ascoli. È stato un poeta, 
								medico, insegnante, filosofo e astrologo e per i 
								suoi pensieri fu condannato al rogo 
								dall'Inquisizione romana il 16 settembre 1327 e 
								morì arso davanti alla basilica di Santa Croce a 
								Firenze. Tra i sei giudici che emisero la 
								sentenza figurava anche Francesco da Barberino, 
								autore dei Documenta Amoris. L'inquisitore che 
								lo condannò fu frate Accursio. Cecco d'Ascoli 
								come tanti altri intellettuali, come Pietro 
								d'Abano, dediti allo studio dell'astrologia e 
								dell'alchimia, discipline non affatto vietate, 
								furono considerati eretici.
Nel suo testo 
								“Acerba”, suo bersaglio preferito è la “Divina 
								Commedia” di Dante Alighieri vista come la 
								negazione della "scienza vera" e che perciò è 
								stata definita da Gianfranco Contini l'"Anti 
								Commedia". Il poema rimase incompiuto al V 
								libro. Nella Biblioteca Medicea Laurenziana, 
								anticamente chiamata Libreria Laurenziana, una 
								delle principali raccolte di manoscritti al 
								mondo, vi è conservato il manoscritto di Cecco 
								d’Ascoli dell’Acerba e l’unico esemplare 
								dell’incunabolo è presso la Biblioteca 
								Oliveriana di Pesaro.
							
							
							
                              
                                
								Biblioteche lettura del testo: